Buio, fragilità, insoddisfazione e solitudine. Uno alla volta o tutti insieme, quando si presentano, ci spingono alla convinzione che è arrivato il momento di un cambiamento sostanziale, il momento di cambiare vita. A volte, abbiamo in noi anche un radicale desiderio di benessere e appagamento che però non riesce ancora ad animare l’esistenza concreta.
Molti di noi tendono a immaginare il cambiamento di vita come qualcosa di lontano, inarrivabile e profondamente diverso dal quadro del presente: soltanto allora e in quelle condizioni faremo un lavoro appagante, saremo sicuri di noi e i problemi non avranno un nome per essere chiamati.
Vi confesso una cosa: pensare un futuro evanescente e sfigurato, dove noi non siamo davvero noi, equivale a immaginare l’impossibile, e nessuno (malgrado le pubblicità ci spingano a pensarlo) crede veramente che l’impossibile possa, prima o poi, accadere. Possiamo quindi già adesso escludere l’immaginazione paradisiaca dalle strade efficaci per cambiare se stessi, e volgere la nostra ricerca altrove.
Cambiare vita rimanendo noi stessi
Anzitutto possiamo dire che, anche se arriviamo alla consapevolezza di volere cambiare vita, senza dubbio desideriamo essere ancora e sempre noi stessi. Aristotele già si accorgeva benissimo che nessuno vorrebbe mai vivere semplicemente la vita di un altro; se ho un problema di soldi, sono sicuramente affascinato dal conto in banca di Briatore e, forse, anche dal suo stile di vita, ma mai potrei dire di voler essere Briatore: al massimo quello che voglio è che io viva come Briatore. Il nostro essere è qualcosa di duro a morire.
Si capisce quanto è importante qui la parolina “io”: l’io è la rappresentazione del nostro essere, il modo in cui il desiderio di benessere profondo viene reso “comunicabile” agli altri e politicamente corretto. L’io sta alla nostra interiorità come un biglietto da visita di un medico al medico vero e proprio. Forse potremmo dire che l’io ha a che fare con la dimensione dell’avere, mentre l’interiorità è caratterizzata dall’essere.
L’avere e l’essere: base per cambiare
L’avere si concretizza nella volontà di possedere qualcosa, ma non è di per sé negativo come sembrerebbe a prima vista; anche le virtù, infatti, sono per alcuni versi un possesso. Per altro verso, però, si dice che uno è virtuoso, indicando che è proprio lui ad essere così, e non ha qualcosa di separabile da sé.
Se io desidero avere più serenità, soldi, successo, amore sto dunque muovendomi nell’orizzonte dell’avere. Sto dimenticando di valorizzare me stesso in quanto unico, dicendo semplicemente: “faccio schifo e vorrei questo, questo e quest’altro!”. Il punto è che non si può cambiare vita puntando sulla dimensione dell’avere, sul desiderio del possesso (nemmeno sul desiderio della virtù). La nostra società ci induce costantemente a osare, cambiare, rischiare, e sembra quindi voler favorire il cambiamento di mentalità e di vita. In verità, però, il mutamento proposto dallo stile imperante è quello interno alla logica dell’avere, non dell’essere. Bisogna, secondo gli slogan, cambiare e non stancarsi mai di cambiare, desiderare il desiderio, scacciare le fragilità e non chiedere mai, in fin dei conti, aiuto. Molte delle nevrosi così diffuse dipendono dal voler tenere nascosto il disagio, facendo finta di aver già cambiato vita. Quanto duri una farsa del genere lo si può scoprire facilmente da soli.
Erich Fromm si chiedeva se valesse la pena il produrre così tanto, il desiderare di avere tutto, se si è così poco uomini, se non si è quasi niente. Perciò, forse, il primo passo per cambiare la propria vita è quello di allentare la presa del desiderio superficiale, non reprimendosi, ma apprezzando anzitutto il fatto di aver riconosciuto l’insufficienza dell’avere (che, ripeto, non è semplicemente il comprare). Infatti, se ho un matrimonio fallimentare o se ho un lavoro deludente, già il fatto di riconoscere di essere differente è un punto di partenza per una nuova vita: io ho un lavoro deludente, ma io non sono deludente.
Primo passo: prendere le distanze
Cambiare vita significa prima di tutto prendere distanza dalla pressione del presente, aprendo un varco tra ciò che si è e ciò che si ha. Prendi nota, se è il caso, dei desideri o delle paure più radicali che hai: vuoi essere maggiormente considerato dagli altri? Hai paura di esser abbandonato? E così via. L’inizio del cambiamento di sé può avvenire una volta che sono stati separati i desideri affrettati da quelli irrinunciabili: una volta fatto, sei più vicino al cambiare vita di quanto non pensi.
Molti credono che l’essere sereni e soddisfatti di sé possa arrivare soltanto alla fine di una vita di risultati e successo, quindi vorrebbero arrivare alla felicità come si arriva alla cima di un grattacielo: salendo. In effetti, ciò che ti ho detto mostra un approccio del tutto differente: noi dobbiamo scendere in profondità, scoprire qualcosa, come fanno gli archeologi, separando il reperto sensibile dalla mole di terra informe che lo circonda.
Spero che questo breve post possa esserti stato d’aiuto per un’iniziale ricerca del tuo essere (e del tuo ben-essere) e che tu possa procedere autonomamente a cambiare vita.